Quando la Filologia Incontra il Wargame: Riflessioni su ChainMoor e le Radici di D&D

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Michele ha intrapreso un progetto ambizioso chiamato ChainMoor, un’originale fusione tra Chainmail e Blackmoor. Il suo obiettivo è avvicinarsi il più possibile alle fonti ispiratrici originali di questi giochi, ma si è presto trovato di fronte a un dilemma: seguendo fedelmente le appendici e le filosofie alla base di Chainmail e Braunstein, D&D sembra una creatura completamente diversa. La sua perplessità è sincera: come è possibile che da quelle fonti sia nato un gioco come D&D, soprattutto considerando che la magia, per come viene trattata in D&D, non ha molto a che fare con la rappresentazione della magia nelle opere letterarie citate nelle appendici?

Il dubbio di Michele si scontra con una realtà complessa, come spiega Roberto. Secondo lui, non c’era nessuna pretesa filologica nelle fonti utilizzate da Arneson, Gygax, e compagni. Erano semplicemente un gruppo di universitari che si divertiva a sperimentare e a mettere insieme idee prese qua e là, senza troppa preoccupazione per la coerenza o la fedeltà alle fonti originali. Roberto aggiunge un punto cruciale: il vero cuore del gioco era la campagna e il gruppo di gioco, non tanto il regolamento, che era più una formalizzazione di sistemi di gioco improvvisati al tavolo. Questo, secondo lui, è uno dei falsi storici promossi dalla Free Kriegsspiel Revolution (FKR), che spesso idealizza l’approccio “senza regole” di Arneson, quando in realtà le regole c’erano eccome, anche se venivano continuamente modificate.

Michele, alla luce di queste riflessioni, si rende conto che ChainMoor, così come lo sta concependo, potrebbe non piacere a molti. Infatti, il suo progetto è una fusione tra la visione FKR di come giocava Arneson e le meccaniche di combattimento di Chainmail, ma adattate per scontri individuali. Il sistema di ChainMoor sarà basato su caratteristiche non numeriche, ma su “tag”, dove ad esempio tirare sulla Costituzione significa tirare due dadi da sei, e se si ha la Costituzione come tratto si tirano tre dadi. Non ci sono punti ferita; il fallimento più grave equivale alla morte, mentre altre eventualità indicano semplicemente una ferita. Questo sistema leggero e senza complicazioni affascina Michele, anche se teme che possa interessare solo a lui stesso.

Yuri entra nella discussione, concordando con le perplessità di Michele riguardo alla rappresentazione della magia in D&D. Secondo lui, la magia in D&D è una semplificazione di quella descritta in The Dying Earth di Jack Vance, dove i maghi possono memorizzare solo pochi incantesimi, ma estremamente potenti. Nonostante i dubbi di Michele, Yuri trova l’idea di ChainMoor intrigante, apprezzando che almeno non sarà l’ennesimo clone di D&D.

Tornando a riflettere sui creatori di D&D, Yuri e Roberto discutono sul contesto culturale del Midwest degli anni ’60. Mentre Gygax, pur non essendo particolarmente istruito, era probabilmente il più grande lettore del gruppo, Arneson, pur essendo uno studente universitario, era famoso per i suoi strafalcioni grammaticali e per la sua difficoltà nell’organizzare testi. Roberto sottolinea come, nonostante il background universitario, la cultura di quella zona fosse ancora lontana dagli standard accademici europei.

In conclusione, la discussione tra Michele, Roberto e Yuri rivela una complessa rete di influenze e interpretazioni che hanno portato alla nascita di D&D. Michele rimane convinto che il suo ChainMoor sarà un progetto personale, forse poco apprezzato da altri, ma che rappresenta per lui un ritorno alle origini del gioco, con una visione che riflette le sue personali ispirazioni e la sua passione per la storia dei giochi di ruolo. Anche se non dovesse incontrare il favore del pubblico, per lui la soddisfazione sta nel processo creativo e nella fedeltà alla sua visione.