In una vivace discussione, Michele ha affrontato con entusiasmo i difetti e le potenzialità del game design, con particolare riferimento ai sistemi classici di D&D, in particolare BX (Basic/Expert Dungeons & Dragons) e BECMI. Roberto ha aperto ammettendo la sua frustrazione per i sistemi di gioco basati sulle classi, criticando la rigidità del design di D&D. Ha ricordato di quando aveva creato una classe chiamata L’Avventuriero per Scatola Bianca—un mix tra un guerriero e un sistema magico. Sebbene inizialmente sembrasse innovativa, ha scoperto che qualcuno aveva già ideato una soluzione simile, e alla fine ha trovato il risultato goffo e insoddisfacente, rafforzando la sua convinzione che il sistema a classi di D&D limiti la creatività e il gameplay.
Roberto ha espresso particolare disprezzo per il classico sistema magico di tipo vanciano, con gli slot per gli incantesimi e la memorizzazione. Preferiva invece un approccio più flessibile, in cui i giocatori potessero spendere punti magia (MP) liberamente, come avviene in molti videogiochi. Nonostante i suoi sforzi per migliorare il sistema con L’Avventuriero, ha ribadito il suo generale disgusto per il sistema e la sua ammirazione per giochi senza classi come Knave e Cairn, che spostano l’attenzione dal concetto di classe a una gestione più interessante dell’inventario.
La conversazione si è spostata poi sull’ambientazione Sword & Sorcery, con Roberto che criticava il posizionamento casuale dei mostri nei dungeon, una pratica comune in D&D tradizionale. Secondo lui, nelle avventure Sword & Sorcery, i mostri dovrebbero avere una ragione precisa per essere lì, legata alla trama e all’ambientazione. Yuri ha condiviso questo pensiero, facendo riferimento a personaggi iconici come Conan o Fafhrd, che non avrebbero mai trovato un mostro senza che ci fosse una spiegazione valida per la sua presenza.
Yuri ha anche sottolineato come solo alcune avventure di D&D, come quelle scritte da Tom Moldvay, riuscissero davvero a catturare l’essenza della Sword & Sorcery. Ha poi confrontato questo con lo stile “gonzo” di Gygax, che spesso presentava creature gettate a caso nei dungeon senza molta logica o coerenza. Da lì, la conversazione è diventata un dibattito sul “realismo” gygaxiano—o meglio, il naturalismo—un termine usato per descrivere l’ecologia credibile dei mostri nel mondo di gioco. Michele ha chiuso questa parte del discorso dicendo che l’intento originale di D&D era più orientato al dungeon crawling e al combattimento, con l’ecologia dei mostri relegata in secondo piano.
La discussione ha preso una svolta creativa quando Michele ha introdotto l’idea di un gioco volutamente rotto: La Scatola Rotta. Ispirato dalla sua insoddisfazione per le meccaniche complicate e obsolete del BX, ha immaginato un gioco che abbracciasse i suoi difetti e li rendesse parte del divertimento. L’idea era di creare un GDR umoristico e consapevole di sé, dove ogni azione avesse una meccanica inconsistente e diversa. Per esempio, il combattimento potrebbe seguire un set di regole, mentre nascondersi o rubare seguirebbero altri schemi. La magia? Ancora un’altra regola. Ma questo sarebbe il bello: La Scatola Rotta si divertirebbe a essere clunky e antiquato.
Yuri ha apprezzato l’idea, facendo riferimento a La Spada Spezzata per la sua atmosfera oscura, viscerale e violenta, suggerendo che un tono simile, legato a elementi mitologici, potrebbe arricchire il progetto di Michele.
La conversazione si è conclusa con BICrumw che ha espresso il suo interesse per l’idea, attirato dai temi cupi e viscerali e dall’estetica ispirata alla mitologia norrena. Quella che è iniziata come una critica ai sistemi di gioco di D&D si è evoluta in una sessione di brainstorming su un gioco che prospera nel caos, bilanciando un concetto comico con elementi seri e mitologici.