Quando la trama esiste già e le opzioni sono solo deviazioni
Uno dei malintesi più diffusi nel gioco di ruolo riguarda la libertà dei giocatori. A parole, quasi tutti i gruppi affermano di voler dare “massima libertà” ai personaggi. Nei fatti, però, capita spesso che le scelte proposte siano solo biforcazioni illusorie, deviazioni momentanee che riportano sempre sulla strada principale.
Si parla tanto di “sandbox” o “campagna aperta”, ma nella testa di molti master la storia ha già un punto di arrivo stabilito, con eventi chiave che devono accadere. A quel punto, più che scelte, si stanno offrendo alternative apparenti: X o Y, ma alla fine si torna comunque alla Z che era stata preparata.
La gabbia della struttura invisibile
Il problema non è la preparazione in sé. Avere materiale pronto, idee forti, persino eventi potenziali è parte dell’arte del master. Ma è ben diverso preparare per reagire rispetto a preparare per guidare.
Quando il gioco è costruito attorno a snodi prestabiliti, ogni deviazione concessa ai giocatori diventa un vicolo cieco. Si può uscire un attimo dal sentiero, ma il mondo è strutturato per riportarti in carreggiata. Alcuni lo chiamano “story funnel”, altri “railroading morbido”. Il risultato non cambia: si gioca dentro uno spazio già scritto.
Questo approccio ha radici profonde in una concezione narrativa del GDR ereditata da altri media: romanzi, film, serie. L’idea che “una buona storia” debba avere un arco, un climax, un finale. Ma il gioco di ruolo non è narrazione lineare: è esplorazione di possibilità. E se non c’è rischio reale di deviare, non c’è nemmeno una vera scelta.
Il falso dilemma della struttura
Una delle obiezioni più comuni a questa critica è: “Ma allora devo improvvisare tutto? Non posso avere dei punti fermi?”
La risposta è: sì, puoi avere punti di partenza, luoghi, NPC, eventi che possono accadere. Ma nessuno di questi deve accadere per forza. Devono esistere in potenza, non in necessità.
La differenza tra una campagna emergente e una predittiva non è la quantità di preparazione, ma la finalità della preparazione. Nella prima, si prepara per avere strumenti con cui rispondere al mondo che i giocatori esplorano. Nella seconda, si prepara per spingere i giocatori in una direzione voluta.
Ed è qui che nasce l’inganno: molte campagne sembrano aperte, ma sono in realtà dei labirinti ben mascherati. Le scelte che portano fuori mappa vengono ignorate, disincentivate o neutralizzate. È il famigerato “no, lì non si può andare”.
Ma esistono scelte “legittime”?
Un’altra questione ricorrente riguarda la legittimità di avere punti fissi. È davvero sbagliato avere un evento che “deve” succedere? La risposta, come spesso accade, sta nella consapevolezza e nella comunicazione.
Se al tavolo è chiaro che si sta giocando una campagna con una trama fissa, con tappe narrative previste, allora il patto di gioco cambia. Si può godere comunque dell’esperienza, ma non si parlerà più di gioco emergente.
Il problema nasce quando la struttura è nascosta. Quando si fa finta di offrire libertà, ma si continua a stringere il cerchio. In questo caso, si crea una frattura: da un lato il master che lavora per far succedere certe cose, dall’altro i giocatori che credono di poter cambiare il mondo.
Il risultato? Frustrazione, scelte vuote, e la sensazione che “tanto non cambia nulla”.
Preparare per reagire
La proposta alternativa non è il caos, ma la flessibilità. Si può (e si dovrebbe) preparare molto: mappe, PNG, fazioni, eventi potenziali, agende, conflitti in corso. Ma tutto questo dovrebbe reagire alle azioni dei personaggi, non far finta di reagire mentre li conduce dove volevamo già portarli.
È il principio della preparazione reattiva: creo un mondo coerente e in movimento, ma lascio che siano i giocatori a scoprire come cambia, dove andare, e cosa innescare.
Conclusione
Nel gioco di ruolo, ogni volta che una scelta porta comunque alla stessa conclusione, è una scelta fallita. Il vero potere del GDR sta nella possibilità di cambiare le carte in tavola, di sorprendere anche il master, di deviare la storia prevista.
Preparare non è il problema. Il problema è preparare per controllare.
Meglio un mondo coerente e vivo, che non sa dove andrà a finire, che una bella storia già scritta dove tutti fingono di scegliere.