Gioca mondi, non regole

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Il potere dell’immaginario condiviso come regolamento invisibile

Esiste una regola che non sta scritta da nessuna parte, ma che plasma il gioco più di qualunque tiro di dado o tabella: la coerenza dell’immaginario condiviso.
È ciò che S. John Ross ha definito “regolamento invisibile”: l’insieme delle assunzioni implicite che tutti al tavolo condividono sul funzionamento del mondo, anche senza averle mai esplicitate formalmente.

È un patto silenzioso. Una grammatica comune. E quando c’è, rende superflua la maggior parte delle regole scritte.

L’ambientazione come sistema

Nel gioco di ruolo, le meccaniche determinano il come.
Ma è l’ambientazione che determina il cosa è plausibile.
È il mondo – e non la scheda – a dirci se una cosa ha senso, se può esistere, se è credibile.

E quando quell’immaginario è ben compreso e condiviso da tutti al tavolo, diventa esso stesso un sistema regolativo. Non serve dire “questa cosa è vietata”: nessuno ci penserà nemmeno. Non serve arbitrare ogni interazione: il mondo fornisce già la risposta.

Il GM non ha bisogno di “fare il giudice”. Gli basta far reagire il mondo secondo la sua logica interna.

Esempio: il portale fuori luogo

Un giocatore introduce nel background un portale dimensionale.
Se il mondo è ben condiviso, la reazione non sarà “chissà se lo accettano”, ma piuttosto:
“Aspetta… ma in questo mondo non esistono i portali.”

Il tavolo lo capisce da solo. Non serve vietare. Non serve punire. Il mondo si autoregola.

Quando invece il mondo è solo un contenitore generico – un “fantasy standard”, un “medioevo vagamente magico” – allora tutto può starci. E se tutto può starci, nulla ha peso.

Condividere l’immaginario riduce il lavoro del GM

Paradossalmente, più il mondo è solido e chiaro, meno il GM deve intervenire.
I giocatori sanno cosa aspettarsi. Capiscono da soli cosa è ragionevole. Anticipano le conseguenze.
Non servono ruling astratti: basta chiedersi “come reagirebbe questo mondo?”.

È il motivo per cui le campagne ambientate in mondi storici, o in ambientazioni ben caratterizzate, tendono a essere più fluide: l’immaginario condiviso è già forte, già ancorato.
È anche il motivo per cui i sistemi OSR e FKR funzionano bene senza molte regole: il mondo è la regola.

La coerenza immaginativa è il vero contratto sociale

Molti dibattiti su ruoli, autorità narrativa, “chi può dire cosa” nascono perché manca un mondo chiaro.
Se tutti condividono un immaginario forte, non c’è bisogno di discussioni sui confini: i confini emergono da soli.

Non serve chiedere: “posso fare questa cosa?”
Basta che tutti sappiano che tipo di mondo è. E allora la risposta diventa evidente, senza bisogno di confronto.
Il gioco si alleggerisce. Le frizioni spariscono. Il GM non è più un arbitro costretto a dire no. È un facilitatore che fa reagire un mondo coerente.

Il mondo come fonte di giustizia

Un altro vantaggio spesso trascurato: la coerenza del mondo legittima le decisioni del GM.
Quando il mondo è credibile e funziona da sé, una decisione dura del GM – un fallimento, una morte, un ostacolo – non viene vista come arbitrio.
Viene vista come conseguenza naturale.

Non è il GM a punire. È il mondo a reagire.
E questo cambia tutto.

Conclusione

Giocare mondi significa costruire qualcosa che vive di vita propria.
Qualcosa che non ha bisogno di essere scritto in regole, perché funziona già nella testa di tutti.
Qualcosa che non richiede controllo, perché si governa da sé.

La prossima volta che pensi di dover aggiungere una regola, chiediti:
“Il mondo che stiamo giocando la rende già inutile?”

Perché le regole scritte sono solo stampelle.
È il mondo – se costruito bene – a far camminare davvero il gioco.

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